Glossario

Aikido: arte marziale giapponese. Letteralmente: aika ‘armonia’ con il sistema cosmico e do ‘via’.
Amida: termine giapponese per il Buddha Amithaba, Buddha dell’incommensurabile splendore luminoso, incarnazione caratterizzata da spiritualità compassionevole, che rinuncia al nirvana affinchè tutti gli uomini possano accedere al suo paradiso. E’ venerato soprattutto in Giappone, dove le pratiche devozionali in suo onore hanno ispirato largamente le arti figurative e l’innologia, che si è espressa in canti detti wasan.
Amitha: v. Amida.
An: l’agio, la tranquillità.
Ango: periodo che va dai 90 ai 100 giorni di ritiro estivo spirituale nei monasteri.
Angya: pellegrinaggio da parte di un discepolo Zen, che ha terminato la prima fase di addestramento e si reca presso un importante monastero a trovare un maestro per proseguire nell’apprendimento.
Arhat: o Arahat era il titolo dato originariamente alle persone di grandi ottenimenti spirituali. Nel Buddhismo antico designava chi aveva eliminato tutte le contaminazioni, colui che aveva  raggiunto lo stato di santo e ‘non aveva altro da imparare’.
Avalokitesvara: nome sanscrito del Bodhisattva della compassione.
Banka: cerimonia dei sutra della sera.
Basho: 1644-1694 il più importante poeta giapponese di haiku.
Baso: 709-788 uno dei più eminenti maestri Zen famoso soprattutto per usare metodi molto diversi tra loro. Ebbe 139 successori. I suoi detti e i suoi atti hanno fornito il materiale per molti koan.
Bhikkhu: monaco.
Bhikkuni: monaca.
Bodai: termine giapponese che equivale al sanscrito bodhi, l’illuminazione del Buddha.
Bodai shin: in sanscrito bodhicitta, lo spirito del risveglio, la mente del Buddha, la saggezza intrinseca.
Bodaidaruma: v. Bodhidarma.
Bodhicitta: v. bodai shin.
Bodhai-Daruma: v. Bodhidharma.
Bodhidharma: termine sanscrito, in giapponese Bodhai-Daruma o Daruma, morto nel 532 fu il ventottesimo patriarca indiano, che si recò in Cina diventando il primo patriarca cinese del Buddhismo Ch’an, il ‘Buddhismo della meditazione’. Dalla scuola del Ch’an deriva direttamente lo Zen giapponese. Secondo la tradizione praticò la meditazione, dopo aver superato i sessant’anni, fissando un muro per nove anni nel monastero Shao-lin, nel nord della Cina. Per non dormire dovette tagliarsi le palpebre. Per questo è rappresentato con lo sguardo che incute terrore.
Bodhisattva: termine sanscrito, letteralmente ‘essere illuminato’, chi pratica la Via del Buddha e, motivato da compassione, rinuncia all’illuminazione finale per aiutare gli altri a diventare illuminati.
Bonsho: grande campana in bronzo collocata fuori dal dojo, non presente nei templi di città.
Bosatsu: Bodhisattva.
Bosatsu kai: i precetti del Bodhisattva.
Buddha: termine sancrito, letteralmente ‘risvegliato’. Designa il Buddha storico, Shakyamuni; gli illuminati che hanno realizzato la buddhità; la verità fondamentale; la vera natura di tutti gli esseri.
Buddhadharma: termine sanscrito, in giapponese buppo, la natura di Buddha, si riferisce specificamente agli insegnamenti di Shakyamuni, ma in senso lato, alla realtà della vita come la si sperimenta dal punto di vista del satori.
Buddhismo: termine indicante la dottrina salvifica annunciata dal Buddha.
Bukkyo: Buddhismo.
Buppo: v. Buddhadharma.
Bushido: la Via del guerriero o Samurai.
Bushin in: sigillo della mente del Buddha, segno di corretta trasmissione.
Butsu: Buddha.
Butsuden: uno degli edifici o grandi sale in cui è conservata la statua di un Buddha o Bodhisattva.
Butsudo: la Via del Buddha. Talvolta si riferisce agli insegnamenti del Buddha e talvolta al sentiero o pratica che conduce all’illuminazione o la incarna.
Butsugyo: opera del Buddha.
Ch’an: termine cinese che significa meditazione. E’ l’equivalente del Dhyana sanscrito e dello Zen giapponese.
Cha: té.
Chabana: sobria ed elegante decorazione floreale della stanza che accompagna la cerimonia del té.
Chado: termine giapponese che significa sentiero del tè e indica una scuola Zen nipponica.
Chanoyu: cerimonia del té giapponese, divenuta il veicolo della conservazione della teoria estetica Zen.
Chaseki: casa del té.
Chashitsu: casa del té.
Choka: antica forma poetica giapponese, più lunga dell’haiku.
Citta: termine sanscrito, in giapponese shin, che significa mente-cuore.
Daruma: v. Bodhidharma.
Dharma: termine sanscrito che designa gli insegnamenti del Buddha Shakyamuni; Verità; la dottrina buddhista; legge universale.I ‘dharma’ al plurale indicano i fenomeni, gli elementi costitutivi dell’esistenza.
Dharmakaya: termine sanscrito, in giapponese hosshin, il primo dei tre aspetti o corpi della natura di Buddha, che designa l’assoluto al di là delle discriminazioni, la realtà inesprimibile e la realtà trascendente, l’unità del Buddha con tutti gli esseri.
Dhyana: termine sanscrito, letteralmente ‘concentrazione della coscienza, assorbimento meditativo’, che significa meditazione, in cinese Ch’an, in giapponese Zen.
Do: termine giapponese che traduce l’ideogramma cinese tao ‘Via’ e indica il percorso del Buddha verso l’illuminazione.‘Do’ al plurale sono le arti giapponesi improntate allo spirito dello Zen come shodo, kendo, judo, chado.
Dogen Kigen: fondatore della scuola Soto del Buddhismo Zen in Giappone, originario di Kyoto, visse dal 1200 al 1253. Dopo nove anni di studio sotto la scuola Rinzai, si recò in Cina dal 1223 al 1227 dove studiò con T’ien-t’ung Ju-ching, in giapponese Tendo Nyojo, appartenente al lignaggio Zen Soto, diventandone il successore. Nel 1244 fondò in Giappone, nella prefettura Fukui, l’odierno Eihei-ji monastero sede principale della setta Soto. Famosa è la sua raccolta di scritti sul Dharma, lo Shoboghenzo.
Dojo: luogo della pratica della Via in ogni suo aspetto non solo quello della meditazione.
Dokusan: nella scuola Zen Soto colloquio individuale tra lo studente e il roshi. Serve per verificare e stimolare la comprensione dello studente e per consultare il maestro su qualunque problema sorga nella pratica. Nella scuola Zen Rinzai prende il nome di Sanzen.
Doshin: la mente che aspira all’illuminazione perfetta e si sforza di realizzarla. L’aspirazione ad approfondire e perfezionare la propria vita.
Duhkha: termine sanscrito, in pali dukka, che designa la condizione del dolore, concetto fondamentale del Buddhismo. E’ causata dal desiderio che caratterizza la vita di tutti gli esseri e che se estirpato rimuove la condizione di sofferenza.
Echo: cerimonia dei sutra del mattino.
Eisai: 1141-1215 maestro buddhista giapponese che nel 1202 fondò la setta Zen Rinzai.
Enso: termine giapponese che significa il cerchio. Nell’iconografia Zen rappresenta l’Assoluto e va realizzato con una sola pennellata al culmine di una lunga meditazione.
Fukan Zazengi: letteralmente ‘diffusione universale dei principi di zazen’. Breve testo in cinese scritto da Dogen intorno al 1228 al suo ritorno a Kyoto dal viaggio in Cina, nell’era Koraku. Dogen stesso scrisse a proposito di questo trattato sull’insegnamento di zazen: “Scrivo queste parole in sostituzione di ciò che è comunicato nella trasmissione diretta I shin den shin, da cuore a cuore.”
Fuse: offerta che si fa nei monasteri o nei dojo.
Fusuma: divisori scorrevoli nella casa tradizionale giapponese.
Gaki: spiriti presenti nella mitologia giapponese, famosi per la loro insaziabilità.
Gassho: mudra dei ‘palmi delle mani uniti insieme’. Gesto di rispetto o devozione che simboleggia l’unità dell’essere.
Gautama: nome del Buddha storico Shakyamuni chiamato anche Siddharta.
Genkan: portico dove ci si tolgono le scarpe nella casa tradizionale giapponese.
Ghen: occhio che riflette ogni cosa.
Gi: raccolta di scritti, antologia, testo.
Goin: v. karma.
Guanshiyin: v. Kwan Yin,Kannon, Kanzeon.
Haikai: antico nome della forma poetica giapponese oggi nota come haiku.
Haiku: breve componimento poetico giapponese consistente di 17 sillabe su tre righi così ripartite: 5, 7, 5.
Han: tavola di legno, che spesso contiene una scritta intagliata, appesa all’ingresso dello zendo, che viene colpita per indicare l’inizio di un periodo di zazen.
Hannya: termine giapponese v. prajna.
Hara: termine giapponese che indica la zona della parte inferiore dell’addome che costituisce il centro di gravità del corpo umano.  Nello zazen diventa un centro di consapevolezza.
Hasshodo: ottuplice sentiero.
Hensan: pellegrinaggio per visitare i maestri.
Hinayana: dal termine sanscrito che significa ‘piccolo veicolo’, indica l’antico Buddhismo indiano, la sua forma primigenia, e viene contrapposto generalmente al Mahayana, ‘grande veicolo’. E’ strettamente legato fin dalle origini all’ordine monastico, che si considera depositario dell’ortodossia buddhista. L’adepto dell’Hinayana si applica alla salvezza di se stesso mediante la disciplina e la meditazione contemplativa, il suo fine consiste infatti nel pervenire il più rapidamente posssibile alla salvezza individuale, raggiungendo la condizione del santo perfetto, Arhat. E’ diffuso sopratutto nell’Asia meridionale: Birmania, Sri Lanka, Cambogia, Laos e Thailandia.  Il Theravada è la forma più diffusa di questa corrente del Buddhismo.
Hishiryo: ciò che non può essere pensato, la coscienza che non si aggrappa al pensiero o al non-pensiero, pensare senza pensare. Nello Zen indica la condizione di satori, illuminazione, che può essere sperimentata, ma non concepita razionalmente.
Ho: termine giapponese per Dharma.
Hokai: oceano del Dharma.
Hokke shu: scuola buddhista del Sutra del Loto.
Hosshin: v. dharmakaya.
In: l’unità.
In kin: piccola campana in bronzo liscio, fissata su un manico di legno laccato che, battuta con un’asta di metallo, annuncia l’inizio e il termine di una fase della meditazione nei monasteri Zen.
Jaku: la realizzazione.
Joriki: forza della mente.
Joshin: vera sincerità.
Ju, Juko: termine giapponese che significa ‘elogio’ e indica una sentenza in forma poetica usata dai maestri Zen in aggiunta alla spegazione di un koan, per favorirne la comprensione.
Judo: arte marziale il cui nome significa vincere la forza con la flessibilità, con la potenza della dolcezza. Letteralmente do ‘Via’  ju ‘della cedevolezza’.
Jugyu-zu: termine giapponese indicante una raffigurazione molto popolare nell’iconografia Zen. Essa consiste in dieci, a volte otto o cinque, immagini di un bue o di un bufalo indiano che rappresentano i vari gradini o livelli che il seguace Zen deve salire per pervenire alla condizione dell’illuminato.
Jujukai: termine giapponese che indica i dieci precetti fondamentali che un seguace del buddhismo Mahayana deve seguire al fine di favorire il processo del risveglio e dell’illuminazione.
Jukai: cerimonia in cui si ricevono i precetti, i voti. La persona che li riceve diventa formalmente buddhista e prende un nome di Dharma.
Kai: termine giapponese che designa i precetti, insegnamenti buddhisti che indicano il comportamento. Si possono intendere in modo letterale, come indicazioni etiche o, in senso più vasto, come aspetti o qualità della realtà.
Kaizan: termine giapponese per fondatore di un templio o di una setta.
Kami: spiriti scintoisti che abitano il mondo della natura.
Kannon: o Kanzeon nome giapponese del Bodhisattva della compassione.
Kanzeon: v. Kannon.
Karma: termine sanscrito, in cinese yen-yin, in giapponese go-in, letteralmente ‘azione,. Legge di causalità per la quale ogni effetto ha una causa. Nella sfera umana le nostre azioni determinano la qualità della nostra vita e influenzano la vita degli altri. Nel contesto di reincarnazione ogni azione di tutte le vite precedenti avrà conseguenze sulla vita futura e comunque ogni azione nella vita presente ha un’eco sulla vita presente, passata e futura.
Kei: la purezza.
Kendo: Via della spada, scherma giapponese, è un’arte strettamente legata alla pratica Zen.
Kensho: letteralmente ‘vedere nella propria natura’. Termine giapponese usato nello Zen come sinonimo di satori, illuminazione. Si tratta di una esperienza di illuminazione, non di quella totale.
Kesa: la veste indossata dal monaco sopra le altre. In Giappone il kesa è portato sopra la spalla sinistra e sotto la destra: tale veste indica che il monaco è un seguace di Shakyamuni Buddha.
Kin hin: meditazione camminata a periodi di cinque o dieci minuti tra due sedute di zazen.
Koan: un’affermazione, una domanda, un aneddoto o un dialogo impossibile da capire o risolvere logicamente usato nello Zen Rinzai per pervenire all’illuminazione. ‘Questione Zen’ senza sbocco razionale atta a creare la massima tensione mentale e psichica in chi si impegna a risolverla.
Kohdo: la via dell’incenso o l’arte della cerimonia dell’incenso.
Koicha: tè verde in polvere usato durante la cerimonia del té.
Kontin: stato di torpore, di sonnolenza, durante zazen.
Ku: termine giapponese per vacuità, vuoto, in sanscrito shunyata.
Kusen: insegnamento orale del maestro ai discepoli nello Zendo durante zazen.
Kwan Yin: o Guanshiyin nome cinese del Bodhisattva della compassione.
Kwoon: termine cinese v.dojo.
Kyudo: l’arte del tiro con l’arco.
Lin-chi: v. Rinzai.
Mahayana: una delle tre grandi correnti del Buddhismo indiano, che significa ‘grande veicolo’ in contrapposizione all’Hinayana, ‘il piccolo veicolo’. L’adepto del Mahayana rinuncia a raggiungere la propria immediata salvezza individuale e intraprende il lungo e faticoso cammino del Bodhisattva, in vista della salvezza degli altri esserei viventi. Il motivo che lo spinge a tale impegno disinteressato è la sua infinita compassione. Il Mahayana sorse tra il primo e il secondo secolo d.C. Si diffuse nell’Asia centrale, in Cina, Corea e Giappone. La scuola Zen fa parte di questa corrente del Buddhismo.
Maitreya: il Buddha del futuro, l’ultimo Buddha che apparirà sulla terra convertendo tutti gli uomini e i demoni stessi, uniti nel raggiungimento del nirvana. Viene raffigurato con i piedi appoggiati al suolo, sempre pronto a manifestarsi sulla terra quando sarà il momento della sua venuta. Presenta spesso un’acconciatura a forma di stupa e in una mano una boccetta di amrita, ambrosia, simbolo della sua vita in paradiso e nell’altra un fiore di loto, simbolo di autocreazione.
Manjushri: termine sancrito, in giapponese Monju, il Bodhisattva della sagezza. Il suo scopo è quello di combattere l’ignoranza, per questo è spesso raffigurato in groppa a un leone in atto di brandire una spada che recide i veli dell’illusione, con un testo sacro tra due fiori di loto posti all’altezza della testa. Manjushri è anche rappresentato nella forma furiosa e delirante di Yamantaka, dio dalla testa taurina, che ha il compito di uccidere il signore della morte.Specialmente riverito nella scuola Zen, è la figura principale posta sull’altare dello zendo.
Mantra: termine sanscrito che indicava originariamente un inno appartenente ai Veda, i sacri testi induisti, recitato dai sacerdoti in particolari occasioni. In seguito prese a designare la parte di un testo che un guru, maestro, affidava al suo discepolo ai fini della meditazione, poi indicò un consiglio offerto da un brahamano, sacerdote induista, a coloro che lo richiedevano e, infine, nel senso attuale, mantra indica una formula magica, una sillaba o una sequenza di sillabe da ripetersi indefinitivamente ai fini del conseguimento dell’illuminazione.
Miso: pasta di soia fermentata impiegata nella cucina giapponese e nei pasti delle sesshin.
Mokugyo: tamburo in legno in origine a forma di pesce, oggi sferico, che accompagna nello zendo la recita dei sutra. Dotato di un batacchio in legno foderato di stoffa è appoggiato su un cuscino.
Mondo: mon: domanda, do: risposta; forma di dialogo soprattutto usata tra maestro e discepolo.
Monju: v. Manjushri.
Mu: termine giapponese espresso anche con ‘muji’. Il carattere ‘mu’ è un prefisso negativo che lo Zen usa per indicare direttamente la realtà senza contenuto semantico. Designa il concetto di nulla, di vuoto. Il mu viene usato spesso come primo koan che un discepolo riceve dal proprio maestro. Mu è spesso usato come sinonimo di vacuità.
Mudra: posizione delle mani e delle dita con una rilevante valenza simbolica.
Mumonkan: ‘la porta senza porta’, raccolta di quarantotto koan composta da Mumon Enkai, 1183-1260.
Naraka: inferno.
Nehan: v. nirvana.
Nirmanakaya: terzo dei tre aspetti o corpi della natura di Buddha, è la natura in forma umana che opera per il beneficio degli esseri senzienti.
Nirvana: termine sanscrito, in giapponese nehan, stato non dualistico al di là della vita e della morte. Il significato originario è: ‘estinguere o spegnere per mancanza di combustibile’, e implica il totale esaurimento dell’ignoranza e della brama: in tale condizione dello spirito si contempla la vuotezza dell’essere. Indica anche lo stato di profonda illuminazione raggiunto dal Buddha Shakyamuni.
Niwa-zume: termine giapponese che significa essere lasciati nel cortile e indica il periodo in cui un aspirante Zen, che intende essere accolto in un monastero, deve attendere fuori dal portone. Dopo un primo rifiuto oppostogli, se non desisterà ed attenderà anche alcuni giorni, potrà essere accolto nella comunità monastica.
No: forma del teatro giapponese sviluppatasi attorno al XV secolo d.C. che riflette gli ideali Zen e che ebbe il maggior splendore durante l’epoca Ashikaga.
Nyo-rai: v. Tathagata.
Oryoki: ciotola che i monaci usano per mangiare e per raccogliere l’elemosina. Indica anche il pasto formale durante le sesshin. Letteralmente: ‘ciò che contiene abbastanza’.
Paramita: nome generico sanscrito per indicare le dodici perfezioni o virtù buddhiste. Sono l’espressione naturale della mente illuminata, la mente della meditazione. Letteralmente ‘andato sull’altra sponda’.
Patriarca: in cinese tsu-shih, fondatore di una setta o scuola buddhista o successore ufficiale dello stesso. Strettamente parlando, il titolo spetta ai primi trentaquattro successori del Buddha Shakyamuni, passando per il sesto patriarca Hui-neng, in giapponese Eno, 638-713.
Prajna: termine sanscrito, in giapponese hannya, saggezza illuminata, saggezza che trascende il dualismo soggetto-oggetto.
Prajna paramita: saggezza suprema.
Rakusu: pezzo di stoffa che gli ordinati Bodhisattva e monaci portano al collo, a simboleggiare il vestito lacero e rappezzato del Buddha.
Rinzai: scuola Zen cinese fondata dal maestro Lin-chi, in giapponese Rinzai, che visse dall’854 nel monastero omonimo a Hopei nella Cina del nord e morì nel 867. La sua dottrina venne introdotta in Giappone dal maestro Eisai all’inizio del XIII. La scuola Zen Rinzai appartiene alla corrente del buddhismo Mahayana e persegue il ‘kanna-zen’, lo Zen della meditazione sulle parole, basato sullo studio dei koan per raggiungere un’illuminazione immediata.
Ro: numero di anni di formazione trascorsi in un monastero.
Rohatsu: giorno sacro per i seguaci Zen in cui viene commemorata l’illuminazione del Buddha Gautama sotto l’albero della bodhi, nel calendario occidentale corrisponde all’ 8 dicembre.
Roji: ovvero ‘sentiero rugiadoso’, è la serie dei passi che conducono alla stanza o casa da té in fondo all’apposito giardino.
Roshi: termine giapponese per indicare un maestro o insegnante Zen appartenente alla linea di trasmissione e considerato illuminato. Letteralmente: ‘anziano maestro’.
Rupakaya: esistenza corporea.
Samadhi: termine sanscrito che significa ‘unione’, nello Zen giapponese ‘zammai’, che indica nella meditazione yoga, la condizione di coscienza in cui si verifica un’assoluta coincidenza tra pensiero e oggetto del pensiero, pertanto un’unione mistica del soggetto con l’Assoluto. Con questo concetto si intende una condizione spirituale in cui il cuore si concentra esclusivamente su un punto e grazie a ciò raggiunge la quiete perfetta.
Sambhogakaya: secondo dei tre aspetti o corpi della natura di Buddha, indica la manifestazione dei poteri nati dalla perfetta illuminazione da parte del Buddha.
Sambo: termine giapponese per indicare i tre gioielli, le tre preziosità: il Buddha, il dharma, il sangha.
Samu: termine giapponese che designa il lavoro manuale svolto quotidianamente nei monasteri Zen, zazen-lavoro. Considerato come un’attività meditativa fa parte della disciplina e della formazione del discepolo. Il samu all’interno dei monasteri venne regolato dal maestro cinese Pai-Chang IX secolo d.C.
Sandokai: letteralmente ‘identità di relativo e assoluto’ è un sutra, considerato tra i più importanti componimenti poetici Zen, che viene recitato quotidianamente nelle cerimonie della scuola Zen Soto.
Sangha: letteralmente ‘sam-gha’: ‘che scorre insieme’, andare insieme nella stessa direzione. Termine riferito in origine ai monaci buddhisti, in un secondo tempo esteso anche ai praticanti laici, che designa una comunità riunita allo scopo di praticare lo zazen. Uno dei tre gioielli o dei tre rifugi. Nello Zen indica anche l’interrelazione armoniosa di tutti gli esseri, i fenomeni e gli eventi, in altre parole l’inseparabilità e l’espressione armoniosa del Buddhadharma.
Sanpai: san: tre, pai: inchini. Tre prostrazioni con la fronte al pavimento e i palmi delle mani alzati.
Sanran: stato di agitazione mentale ed emotiva in cui lo spirito è incontrollabile e si disperde durante zazen.
Sanzen: termine usato nella scuola Zen Rinzai per indicare il colloquio privato con il roshi, v. dokusan.
Satori: termine Zen che designa l’esperienza dell’illuminazione; il risveglio alla verità cosmica, il risvegliarsi alla natura propria dell’uomo.
Sei: il non-sforzo, il rispetto.
Seisei: termine giapponese usato per descrivere l’atteggiamento di assoluta sincerità che dovrebbe avere ogni praticante nei confronti delle proprie attività quotidiane. Inoltre è l’atteggiamento che affronta con sincerità e onestà tutto ciò che incontriamo nella nostra vita. Talvolta viene usato in antitesi con il termine Zenna.
Sensei: termine giapponese per indicare il maestro responsabile di un dojo anche nelle arti marziali, in cinese ‘sifu’.
Sesshin: letteralmente ‘raccogliere o regolare la mente’. Ritiri intensivi di zazen di tre, cinque, o sette giorni, di vita collettiva imperniata soprattutto sulla concentrazione e il silenzio.
Shakyamuni: letteralmente ‘il saggio del clan degli Shakya’. Titolo attribuito a Siddhartha Gautama, il Buddha storico, dopo l’illuminazione.
Shiho: trasmissione del Dharma da maestro a maestro.
Shikantaza: letteramente shikan ‘solo, soltanto’; taza ‘sedersi’, meditazione senza oggetto, praticata nella scuola Soto Zen. ZaZen privo di elementi di sostegno quali i conteggi dei respiri o lo studio del koan, è caratterizzato da una forte consapevolezza non discorsiva. Stare semplicemente seduti in una posizione e concentrazione corretta, senza pensare a niente, senza preoccuparsi di niente, senza cercare nulla, nemmeno il satori.
Shin: cuore, essenza, mente, totalità dell’essere.
Shingon: scuola buddhista esoterica che fa uso dei mantra, introdotta in Giappone da Kukai nell’808.
Shino: stile di ceramica giapponese che risente dell’influsso Zen.
Shinto: sistema religioso giapponese originario, formatosi prima dell’introduzione del Buddhismo, basato su un politeismo naturalistico, caratterizzato dalla venerazione di numerosissime divinità, kami, che presiedono ad ogni forma di fenomeno naturale, e dalla venerazione di personaggi storici, in particolare gli imperatori del Giappone fino alla rinuncia alla pretesa di divinità da parte di Hirohito nel 1946.
Sho: realizzazione o satori.
Shobo: realtà assoluta, vera realtà, vero Dharma
Shobogenzo: letteralmente ‘Occhio e tesoro dell’occhio del vero Dharma’. Composto da Dogen Zenji, comprende novantacinque testi che trattano argomenti della dottrina Zen.
Shodo: arte della calligrafia, pratica della scrittura, forma fondamentale di comunicazione religiosa per i seguaci Zen.
Shoji: equivale al sanscrito ‘samsara’ il regno della nascita e della morte, l’infinita catena delle esistenze: nascita, morte, e rinascita in un’altra condizione. Letteralmente: nascita (o vita) e morte. Shoji è il titolo di un capitolo dello Shobogenzo di Dogen Zenji.
Shojo: purificazione dalle illusioni.
Shu: termine che ha il significato di pratica, setta, scuola.
Shunya: termine sanscrito che designa il vuoto, la mancanza di essenza di tutte le cose.
Shunyata: vacuità, termine sanscrito, in giapponese ku, che indica un concetto fondamentale del Buddhismo mahayana e dello Zen: il vuoto.
Sifu: termine cinese v. sensei.
Soto: scuola Zen giapponese, appartenente alla corrente del Buddhismo mahayana, fondata da Dogen Kigen Zenji, che persegue il ‘mokusho-Zen’ lo Zen dell’illuminazione silenziosa e graduale mediante zazen.
Stupa: edificio sacro buddhista, adibito alla conservazione delle reliquie del Buddha o dei suoi discepoli.
Sutra: nel Buddhismo passo o capitoli di testi sacri o talvolta il testo stesso. Col nome di sutra vengono ricordati in particolare i discorsi dottrinali del Buddha, raccolti nel Canone buddhista
T kin: campana in bronzo nero martellato, appoggiata su un cuscino, battuta con un batacchio in legno, foderato di stoffa così da emettere suoni gravi.
T’ien-t’ai: o Tendai scuola buddhista.
Tabi: pedule, sorta di calzini di colore bianco, che tengono l’alluce staccato dalle altre dita, indossate dai maestri durante le cerimonie.
Tai: il corpo.
Tatami: stuoia di paglia di riso intrecciata e stagionata almeno un anno, usata per coprire i pavimenti nella casa giapponese tradizionale.
Tathagata: discorso di Dharma, commento formale dato da un maestro Zen, su un koan o un testo.
Tenzo: capocuoco responsabile della preparazione e della cottura di tutto il cibo in un monastero. E’ un ruolo molto importante secondo solamente a quello dell’Abate.
Tripitaka: termine sanscrito che significa ‘tre canestri’ e che indica le tre grandi sezioni in cui è diviso il Canone buddhista. Il primo tratta della disciplina monastica, il secondo sono ‘i discorsi del Buddha’, il terzo è il più antico compendio della psicologia e dell’etica buddhiste.
Wa: l’armonia.
Wu: termine cinese per indicare il satori.
Yana: termine sanscrito che significa ‘veicolo’ e indica le varie strade che un fedele buddhista può percorrere per giungere alla liberazione spirituale.
Yen-yin: v. karma.
Yin-Yang: nella filosofia taoista, le due energie contrapposte. L’interazione tra lo yin e lo yang origina l’universo. Lo yin indica il principio femminile, passivo, ricettivo, buio e cedevole; lo yang, il principio maschile, attivo, creativo, luminoso e duro.
Yu: la calma.
Zafu: cuscino rotondo e rigido riempito di fibre naturali, tradizionalmente di kapok, sul quale ci si siede per la pratica di zazen.
Zafuton: tappeto di meditazione in forma rettangolare o quadrata su cui viene appoggiato il cuscino, zafu, utilizzato per meditare.
Zagu: pezzo di stoffa di forma quadrata sulla quale il monaco si siede o si inchina durante la pratica, la cui funzione originaria era quella di impedire che il kesa toccasse il terreno.
Zammai: termine giappone che corrisponde al sanscrito samadhi.
ZaZen: stare seduti in meditazione.
Zazenkai: giornata di pratica intensa di zazen.
Zen: termine giapponese che significa meditazione, come il cinese chan, e il sanscrito dhyana. Scuola Buddhista della tradizione mahayana divisa in sette le cui principali sono: Soto, Rinzai e Obaku.
Zendo: ‘Zen’: meditazione, ‘do’: Via. Lo zendo è il luogo apposito per la pratica di zazen, la sala di meditazione.
Zenga: pittura.
Zenji: letteralmente ‘maestro Zen’. Termine onorifico attribuito a maestri di alto rango o di grandi ottenimenti.
Zenna: contaminato: termine giapponese che denota le azioni, sia buone che cattive, che impediscono di raggiungere l’illuminazione. Questo concetto viene spesso usato in contrapposizione al termine ‘seisei’.
Zenrin: termine giapponese che significa ‘il bosco Zen’ e designa un monastero Zen.
Zo: letteralmente: magazzino dove vengono riposte le cose preziose della famiglia.
Zori: sandalo giapponese in paglia di riso con suola flessibile e infradito generalmente in velluto.
ZoZen: letteralmente: ‘varie impurità’. La contaminazione dell’illusione che deriva da azioni buone, cattive e neutre